mercoledì 30 gennaio 2013

 Si è stati cattivi spettatori della vita 
se non si è vista anche la mano 
che delicatamente uccide.

Friedrich Wilhelm Nietzsche

giovedì 24 gennaio 2013

 Il sottosviluppo non è semplicemente 
la mancanza di sviluppo.
Prima che ci fosse lo sviluppo, 
non esisteva il sottosviluppo.

Andrè Gunder Frank

 
 Se c'è qualcosa di sacro, il corpo umano è sacro.

Walt Whitman
(Foto: L'autopsia, Enrique Simonet)
 

giovedì 17 gennaio 2013

Un ruscello stagionale scorre lentamente attraverso una vasta pianura fluviale sulla sponda orientale di un immenso lago. Acacie di alto fusto si allineano lungo il greto tortuoso del ruscello, riparando il terreno sottostante dai raggi di un sole infuocato. Per gran parte dell'anno il letto del corso d'acqua è asciutto, ma le piogge appena cadute sulle colline a nord stanno avanzando verso il lago, e lentamente faranno gonfiare il fiumiciattolo. Da qualche settimana la pianura è uno sfolgorio di colori, e la vegetazione in fiore disegna macchie gialle e porpora sulla terra arancione, mentre le basse acacie a cespuglio sembrano nuvole bianche che il vento fa ondeggiare. La stagione delle piogge è imminente. In un'ansa del ruscello intravediamo un gruppetto umano: cinque femmine adulte e un grappolo di bimbi e di giovani. Sono alti, atletici, forti. Parlano fra loro ad alta voce, alcuni scambiandosi battute, altri accordandosi sul come organizzare la giornata. Prima che il sole sorgesse , quattro maschi adulti avevano lasciato il gruppo per andare alla ricerca di carne. Il compito delle femmine è la raccolta di cibo vegetale e, come ciascuno sa, è su questo che si basa la sopravvivenza del gruppo. I maschi cacciano, le femmine raccolgono: è un sistema che, a memoria d'uomo, ha sempre funzionato a meraviglia nel nostro gruppo. Ora tre delle femmine adulte sono pronte per partire, nude eccetto che per una pelle di animale gettata intorno alle spalle che serve per trasportare sia il bambino più piccolo sia il cibo raccolto. Portano con sé bastoni corti e appuntiti che una di loro aveva preparato in precedenza utilizzando una scheggia affilata per tagliare alcuni rami robusti. Sono bastoni da scavo con cui possono raggiungere i tuberi succosi nascosti sotto terra, un cibo inaccessibile a quasi tutti gli altri grandi primati. Le femmine si allontanano in fila indiana, come fanno sempre, e si dirigono verso le lontane colline intorno al lago seguendo un sentiero che conoscono e che le condurrà a un posto dove noci e tuberi abbondano. La frutta matura arriverà più avanti, aiutata dalle piogge. Al ruscello le altre due femmine siedono tranquillamente sulla soffice sabbia sotto una grande acacia tenendo d'occhio tre bambini che giocano. Troppo grandi per essere trasportati nella sacca ma troppo piccoli per essere condotti a caccia o a raccogliere vegetali, i bambini fanno ciò che farebbe qualsiasi altro bambino: giochi di ruolo, giochi che preludono alla loro vita di adulti. Questa mattina uno di loro è un'antilope che ha per corna due rami, e gli altri sono cacciatori appostati per ucciderla. In seguito la più grande, una bambina, insiste perché una delle femmine adulte le insegni a scheggiare uno strumento di pietra. Con pazienza la donna sceglie due blocchi di lava e con uno assesta all'altro un colpo abile, preciso, che fa saltar via una scheggia perfetta. Con caparbia determinazione la bimba prova a fare lo stesso, ma non riesce. La donna prende le mani della piccola e, lentamente, le fa compiere il movimento corretto. Ottenere una scheggia affilata è più difficile di quanto sembri, e la capacità viene trasmessa non tanto con le parole quanto mostrando i gesti che si devono compiere. La bambina prova ancora, questa volta con un movimento leggermente diverso. Una scheggia sottile vola via dal blocco, e la bambina caccia un gridolino di trionfo. Raccoglie rapidamente la scheggia, la mostra alla donna che le sorride e poi corre a farla vedere ai compagni. Riprendono a giocare tutti insieme , ma ora posseggono un oggetto che appartiene al mondo degli adulti. Trovano un bastoncino, al quale la giovane apprendista si affretta a fare una punta sottile, e tutti e tre partono per la caccia, sperando di trovare un pesce gatto da infilzare. Al tramonto l'accampamento sul ruscello è di nuovo animato, le tre donne sono tornate con le sacche in cui trasportano i bambini gonfie di cibo, comprese alcune uova di uccello, tre piccole lucertole e una ghiottoneria rara, del miele. Contente perché i loro sforzi sono stati premiati, le donne si domandano con che cosa arriveranno gli uomini. Spesso i cacciatori tornano a mani vuote. La caccia è così. Ma quando hanno fortuna, il premio della loro fatica è ricco e apprezzato. Poco dopo il suono di voci che si avvicinano dice loro che gli uomini stanno tornando e, a giudicare dal tono concitato delle loro voci, si direbbe che siano stati fortunati. Per buona parte della giornata erano rimasti appostati in silenzio in prossimità di un gruppetto di antilopi, fra cui ne avevano notata una che sembrava zoppicare un po'. Più volte l'antilope era rimasta indietro e aveva raggiunto a fatica il resto del branco, e gli uomini avevano subito intravisto la possibilità di abbattere una grossa preda. Qualsiasi cacciatore disponga di armi - naturali o no - modeste quanto le loro deve affidarsi più che altro all'astuzia. Le loro vere armi sono l'abilità di muoversi silenziosamente e di confondersi con il paesaggio unite alla capacità di valutare il momento esatto in cui colpire. Alla fine si era presentata l'occasione buona e i tre, senza bisogno di dirsi nulla, si erano portati in posizione strategica. Uno aveva scagliato un grosso sasso con forza e precisione, tramortendo l'animale, e gli altri due erano corsi a immobilizzarlo. Un colpo bene assestato con un bastone appuntito aveva fatto zampillare il sangue dalla giugulare dell'antilope, che dopo una breve lotta era morta. Stanchi e coperti di sudore e di sangue, i cacciatori erano esultanti. Da un vicino nascondiglio dove tenevano i loro blocchi di lava, gli uomini avevano prelevato la materia prima necessaria alla fabbricazione degli strumenti con cui avrebbero macellato l'animale. Pochi colpi secchi di un blocco contro l'altro avevano prodotto una quantità di schegge sufficiente a tagliare la pelle dura dell'animale per arrivare alle articolazioni e alla carne, rossa contro il candore dell'osso. In breve tempo muscoli e tendini avevano ceduto alla destrezza dei cacciatori, ed essi erano ripartiti per l'accampamento portando con sé due quarti dell'animale. Durante il tragitto avevano riso e scherzato sugli avvenimenti della giornata e sul ruolo che ciascuno aveva avuto nella caccia. Sapevano che all'accampamento sarebbero stati accolti con entusiasmo. La sera consumavano la carne, come in un rito: l'uomo che ha guidato il gruppetto dei cacciatori taglia i pezzi e li passa alle donne e agli altri uomini che gli siedono intorno. Le donne ne danno una parte ai bambini, che ridendo si scambiano piccoli bocconi. Gli uomini offrono e ricevono parti dell'animale dai loro compagni: la consumazione della carne è più che nutrirsi, è un'attività che rafforza i legami sociali. L'eccitazione per il successo ora si è calmata, e gli uomini e le donne si scambiano il racconto dei fatti della giornata. Sanno che presto dovranno lasciare questo accampamento in cui stanno così bene, perché fra non molto le piogge che cadono sempre più fitte sulle colline lontane faranno gonfiare il torrente, che poi strariperà.
Ma per il momento tutti sono contenti.

Richard Leakey, L'origine dell'umanità
(Foto: impronta di Homo Erectus, 1,5 milioni di anni fa) 
 

venerdì 11 gennaio 2013

 Così non possiamo più dire con esattezza 
ciò che abbiamo vissuto.

Christa Wolf 
(Foto: ante-riordino e post-riordino fondiario, Valle d'Aosta)

 La Vallée d'Aoste est le pays des vieux chateaux
comme celui des antiques églises
et des vieilles cités qui dorment
au souvenir du passé. 
Il n'est de site, si perdu soit-il,
d'où l'on n' aperçoit la pittoresque silhouette 
d'un donjon tout patiné par les siècles
ou d'un vieux mur crénelé 
recouvert de lierre ou de fougères.
Qui dira tous les soupirs qui s'échappent,
subtils et discrets, 
de ces monuments du passé 
qui protestent à leur manière
contre le temps présent,
contre l'esprit utilitaire de ce siècle sans respect,
contre la laideur et la vulgarité
des constructions de notre époque,
des fils télégraphiques,
contre notre civilisation actuelle en un mot?

Correvon, "Par monts et par vaux", Genève, 1904)
 (Foto: Torre del Lebbroso, Valle d'Aosta, in una cartolina dei primi del '900, tratta da www.vmv.it/)